Foto: Marcus Brancaglione al centro (con la maglietta verde). 

 

Quatinga Velho: una piccolissima e poverissima località vicina San Paolo (che, invece, è la città più ricca del Brasile), ormai da anni si trova al centro dell’attenzione di numerosi studiosi di problematiche sociali nel mondo. In particolare viene studiato l’esperimento portato avanti da Marcus Vinicius Brancaglione, nato nel 1976 a San Caetano do Sul e sposato con due figli. Insieme alla moglie Bruna Pereira (entrambi di origine italiana) e al padre Pedro, Marcus è riuscito, a partire dal 2008, a introdurre una specie di Reddito Universale o Reddito di base per la parte più povera del villaggio: un reddito finanziato integralmente da privati volenterosi. In pratica, Brancaglione ha cercato di attuare concretamente un sogno coltivato da molti economisti e operatori sociali: cioè, di introdurre in tutto il mondo una fonte di finanziamento in grado di assicurare a tutti i cittadini una vita dignitosa.

Di questa problematica si occupa in Italia, tra gli altri, la Rete Internazionale per un nuovo Stato Sociale: iniziativa  promossa da Radiotelevisioni Europee Associate – REA (presieduta da Antonio Diomede) e Università Internazionale per la Pace di Roma (in particolare il Dipartimento di Scienze Politiche guidato da Enea Franza), nonché  un gruppo di imprenditori messicani aderenti alla PyME, presieduta da Rosalia Martinez. In seguito hanno aderito organizzazioni di diversi altri Paesi. A questo punto possiamo aggiungere che questa lunga intervista con Brancaglione suggella un più stretto rapporto di collaborazione anche con il Brasile, Paese molto vicino all’Italia per storia, cultura e tradizioni, e dove vivono milioni di italiani emigrati nel dopo guerra.

Ci può spiegare come è nata la sua iniziativa?

Sul piano formativo mi sono sempre occupato di associazionismo, collaborando tra l’altro con il grande professore Luiz Carlos Merege, fondatore dello IATS (l’Istituto di Amministrazione del Terzo Settore).  Insieme, poi, ad altre persone interessate a queste tematiche abbiamo fondato una ONG denominata ReCivitas. Tengo, comunque, a precisare siamo un’associazione privata che non riceve alcun finanziamento pubblico, che non è legata ad alcun partito o confessione religiosa e che vive solo di donazioni effettuate sia in Brasile, sia all’estero.

Quante persone siete riuscite ad assistere in questi anni?

Poco più di un centinaio che regolarmente ricevono circa 15 dollari al mese. Può sembrare una cifra irrisoria ma vi assicuro che per chi non ha nulla o quasi nulla è un sollievo, soprattutto in una località dove il costo della vita è bassissimo.

Ma in che modo siete riusciti a conquistare la fiducia dei donatori? 

Sin dall’inizio ci siamo caratterizzati per due aspetti: innanzitutto, immettiamo continuamente nel progetto soldi di tasca nostra. E poi assicuriamo una totale trasparenza. I soldi che arrivano, ad esempio, dall’estero, transitano integralmente su un conto della GLS BANK della Germania e possono essere facilmente controllati. Complessivamente, le somme donate all’associazione in 12 anni ammontano a 500 mila Reais (circa 100 mila euro).

Sono sufficienti?

Fino ad ora siamo riusciti ad andare avanti anche perché tutti i collaborati del progetto sono volontari provenienti da varie parti del mondo. Anche noi siamo stati più volte all’estero, in Germania, Italia, Svizzera, Francia, Danimarca, ecc. Questi viaggi ci hanno consentito di stabilire importanti contatti con ricercatori, operatori sociali, giornalisti, ecc. Aggiungo solo che gran del merito di mantenere e coltivare questi contatti è di mia moglie Bruna, che ha un’innata inclinazione per le pubbliche relazioni.

Lei crede che l’esperimento del Reddito Universale possa essere esportata in altre località del Brasile e del mondo?

Credo di sì. Vede, l’idea di un Reddito di base è ormai un’idea globale che nei prossimi anni è destinata a maturare in diverse località. Lo stesso vale ovviamente anche per il Brasile che notoriamente è un micro universo. Anche da noi vive un popolo di invisibili, di scarti dell’umanità, di gente che viene dalla polvere per morire nella polvere, che non ha una minima forma di assistenza. Così è stato negli anni trenta, negli anni ottanta e così è oggi. Queste persone sono in perenne lotta contro la fame, le droghe, il terrore e ora del coronavirus.

Il modello Quatinga Velho non solo è perfettamente replicabile ma può anche espandersi senza aumentare i costi operativi, grazie agli attuali moderni sistemi comunicativi e informatici. Anche  voi in Italia avete degli esempi molto interessanti di solidarietà sociale come quelli adottati, ad esempio, nell’Emilia Romagna e in alcune altre Regioni.

Quali sono i suoi rapporti con il mondo politico?

Come le ho detto, non abbiamo mai chiesto o ottenuto qualcosa dalla politica. La destra, del resto, odia il reddito di base perché ama sfruttare i bisogni primari. Nella sua visione, se l’essere umano non è in grado di produrre, non serve, può tranquillamente morire. Per la pseudo sinistra, invece, ogni aiuto è sempre condizionato, come minimo a una promessa di voto.

Il politichese, il populismo, la conflittualità permanente tra sinistra e destra, stanno distruggendo il tessuto sociale del Paese. Inoltre, la crescita dell’industria della miseria aiuta ogni velleità totalitaria. Parliamo, quindi, di un veleno che si sta espandendo su scala internazionale, e che sta distruggendo ogni forma di solidarietà e assistenza sociale. Ormai ci sono due schieramenti in campo: coloro che lavorano per la pace e i diritti umani e coloro che prosperano alimentando guerre e discordie. Da quando i populisti e i totalitari (sia di destra che di sinistra) hanno cominciato a dare le carte del gioco, la situazione è diventata drammatica, soprattutto dove prevale l’estrema destra.

Quali sono stati i vostri maggiori successi?

Guardi che già considero un grande successo il semplice fatto che siamo riusciti a sopravvivere all’interno di una società fatta da gente disposta a bruciare le persone impossibilitate a produrre. Una società dove i poveri hanno un’aspettativa di vita limitatissima, dove contano solo i soldi (ancora più del colore della pelle), dove si può essere uccisi in qualsiasi momento da un proiettile vacante o da una pandemia. Ripeto: in questa roulette russa sopravvivere è già una conquista. Detto ciò è ovvio che l’obiettivo non può essere la sopravvivenza ma una vita dignitosa, possibilmente per tutti.

E qui entra in gioco il Reddito di base.

Si, anche se bisogna fare una precisazione: molti guardano al Reddito di base come una garanzia di sopravvivenza. Il problema è come viene intesa questa sopravvivenza. Essa deve avvenire in maniera dignitosa in ogni istante della vita. Ed è per questo che abbiamo bisogno di sicurezza sociale e non di cecchini o giocatori d’azzardo che scommettono sulla vita umana.

Non esistono formule che aprioristicamente possono essere esportate o importate. Ogni cultura deve evolversi autonomamente altrimenti tutto diventa una commistione che rischia di trasformarsi alla fine in una carnevalata. Come i virus anche le idee sono mutevoli e capaci di adattarsi positivamente o negativamente alle diverse realtà. In qualche modo si crea una ipercoscienza capace di rassicurare universalmente. Occorre, però, avere delle basi concrete. Solo grazie alla creazione di un fondo permanente è stato possibile dare delle case a Quatinga Velho. Occorre in sostanza, la presenza attiva di tre attori: quello che ha bisogno d’aiuto, quello che è capace di programmare e quello che è capace di eseguire. I governi si limitano a tassare. Le banche, ad accumulare. Il resto è solo rappresentazione. Oggi c’è il virus e tutti parlano di solidarietà. Domani, superato il virus, tutto torna come prima e nessuno si preoccupa più di spezzare le catene della schiavitù.

Cosa pensa dei presidenti Trump e Bolsonaro?

Ecco, se i Governo operassero su basi concrete e scientifiche, se cercassero di operare senza demagogie, credo che i personaggi da lei citati non esisterebbero.

Mi perdoni la franchezza: ma lei con quali soldi vive?

Purtroppo non sono in grado di vivere di rendita e, quindi, anch’io debbo lavorare. Però, quando posso, stringo la cinghia basandomi sul presupposto che meno consumi più ti puoi dedicare al volontariato e agli altri: e ciò mi ripaga immensamente in termini di soddisfazioni personali. Constatare che c’è sempre qualcuno che ha più bisogno di te, ti spinge a creare continuamente qualcosa di nuovo e utile. Così è nato anche il progetto di Quatinga Velho. Con la mia famiglia vivo in una lontana periferia dove tutto costa molto di meno. E’ una scelta di vita.

La potremmo definire un essenzialista?

Non so esattamente cosa intenda, però mi suona bene. Quindi, direi di sì.

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Video intervista con Marcus Brancaglione