Foto: Giuseppe Sugamele, Segretario Generale di Libersind-Confsal.

 

Sicuramente il ruolo e i compiti dei sindacati sono destinati a modificarsi radicalmente a seguito della nuova situazione economica, sociale e lavorativa che si è venuta a creare con la tragedia della pandemia. Sentiamo cosa ha da dire in proposito Giuseppe Sugamele, Segretario Generale di Libersind-Confsal, che da moltissimi anni svolge un’intensa attività nell’ambito del mondo sindacale e lavorativo.

Quali sono oggi le maggiori necessità avvertite dal Mondo sindacale?

Direi essenzialmente tre: la prima riguarda l’assoluta necessità di difendere il pluralismo e la libertà di stampa, premessa indispensabile per ogni vera lotta sindacale;  la seconda, rilanciare la propria immagine e il proprio ruolo attraverso una difesa ad oltranza delle parti più deboli della popolazione; infine, la terza, creare alleanze in grado di contrastare ogni tentativo di utilizzare le nuove tecnologie in chiave di sottomissione e non di liberazione dei lavoratori e dell’intera umanità.

Ma prima di andare avanti ritengo opportuno esaminare il clima sociale e politico che attualmente caratterizza e condiziona l’attività sindacale, partendo necessariamente da un breve excursus storico. Negli anni sessanta i sindacati, e non solo in Italia, hanno vissuto una stagione di grande fermento seguito da importanti conquiste sociali. All’epoca si parlava di una nuova realtàche avrebbe ridotto radicalmente gli squilibri sociali e le condizioni di lavoro. Del resto, quel periodo coincise con un consistente aumento dei salari e un costante rafforzamento dei servizi sociali, incluse le garanzie sul posto di lavoro.

E poi cosa è successo?

Come c’era da aspettarsi, abbiamo assistito a una forte reazione soprattutto nell’ambito di alcune componenti del mondo politico e imprenditoriale. Reazione che ha preparato il terreno all’affermazione di una nuova ideologia comunemente conosciuta come neo liberalismo, la quale si è imposta soprattutto a seguito della prima grande crisi petrolifera (inizio anni settanta). Così, mentre in Italia assistiamo, ad esempio, alla dura reazione della Fiat, in Inghilterra s’afferma come primo ministro la carismatica Margaret Thatcher,  la lady di ferro capace di schiacciare lo storico sindacalismo britannico.

Ad aggravare la situazione italiana ha contribuito la presenza di un’inflazione galoppante capace di erodere drasticamente i salari e i risparmi dei cittadini, che solo in parte sono riusciti a restare protetti dalla scala mobile. Dopodiché sono arrivati i terribili anni del terrorismo, che hanno reso difficile ogni mobilitazione popolare. A tutto ciò occorre aggiungere il crollo del muro di Berlino che ha seppellito, purtroppo, insieme al decrepito sistema comunista anche ogni filosofia di ispirazione sociale.

Ed è in questa cornice che cominciano a entrare in scena le nuove tecnologie e la convinzione, suffragata da un’abile operazione mediatica, che il libero mercato è in grado di risolvere ogni problema e di creare benessere per tutti. Purtroppo, abbiamo visto che così non è stato: nei fatti il neo liberismo ha determinato una incontenibile concentrazione di ricchezze accompagnata da un progressivo aumento della povertà e da un diffuso disagio sociale.

A tutto questo come ha reagito il sindacato?

I fatti hanno costretto il sindacato a giocare in difesa, tanto più che all’interno dello stesso mondo imprenditoriale, composto prevalentemente da piccole e medie industrie, è aumentato notevolmente il numero delle aziende costrette a licenziare per non chiudere. Ma anche per le aziende medie e grandi l’aria che tirava non era certamente salutare. Molte sono state costrette a chiudere, a riconvertirsi o ad affidarsi agli aiuti di Stato. Altre hanno abbandonato il campo a seguito di una scellerata politica di privatizzazioni che ha privato il Paese di una serie di asset strategici, molti dei quali svenduti al miglior offerente. Tutte operazione che ovviamente hanno comportato elevati costi in termini occupazionali.

E poi c’è stata l’introduzione della moneta unica che ha costretto molte aziende, per restare competitive,  a puntare sulla compressione dei costi e su una esasperata flessibilità del lavoro. Di questo clima di austerità si sono invece avvantaggiati il mondo bancario e il mondo dell’alta finanza. Tutto ciò ha comportato più precarietà, riduzione del potere dello Stato a beneficio della finanza e smantellamento progressivo del welfare e dei corpi intermedi. Ancora una volta un’abile operazione mediatica ha consentito di trasformare presso una buona parte dell’opinione pubblica, i cosiddetti ‘garantiti’ e coloro che avevano a cuore la sicurezza del lavoro, in potenziali nemici dello Stato e del benessere.

Forse qualche errore strategico lo hanno compiuto anche i sindacati, o no?

Diciamo che in tutti questi passaggi cruciali l’errore principale del sindacato è stato quello di lasciarsi intimidire senza contrastare a sufficienza la crescente convinzione che la difesa dei lavoratori e dei diritti sociali rappresentavano un freno alle presunte enormi possibilità offerte dalle nuove tecnologie, ritenute in grado di prospettare una ricchezza generalizzata. Purtroppo, come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Quello che le politiche neo liberali hanno determinato è stata la globalizzazione progressiva della povertà, il diffondersi dell’insicurezza a tutti i livelli, l’aumento della disaffezione verso la politica, il consolidamento di una sfiducia complessiva sull’utilità delle lotte collettive.

Quale futuro intravede per i sindacati?

Ormai anche i Sindacati, come tanti altri comparti della società, si trovano davanti a un bivio: o rassegnarsi a scomparire o, al contrario, ritrovare velocemente una nuova identità, un nuovo modo di agire in grado raccogliere ampi consensi soprattutto tra le nuove generazioni. E questo sarà possibile solo attraverso una vasta azione mediatica che punti a fare nuovamente dei sindacati, aldilà delle specifiche tutele settoriali, il vero motore di una crescita complessiva della società e dei diritti sociali.

Per quanto riguarda, in particolare, il Sindacato Libersind-Confsal, che ho l’onore di guidare, abbiamo siglato un importante accordo di lavoro con la rete delle radio e televisioni locali associate alla REA, Inoltre, insieme ad altre categorie lavorative e professionali, che spaziamo dal mondo accademico a quello giuridico, abbiamo promosso la nascita del Movimento Tutela Socialeche si propone di difendere i Diritti Capitali, che sono anche i pilastri di  ogni vera società democratica. E qui torno alla riflessione fatta in apertura di intervista: Informazione e Tutela dei diritti sociali, rappresentano senza ombra di dubbio, i due ingrediente essenziali per riconquistare la fiducia dei cittadini, senza la quale non si va da nessuna parte.