Ho appreso con piacere su Punto Continenti che un gruppo di persone ha deciso di approfondire la delicata quanto ineludibile questione della nascita di un Nuovo Stato Sociale. Del resto di Welfare mi sono occupato in passato anche professionalmente e condivido l’impostazione che è stata data al problema, soprattutto per quanto riguarda la necessità di creare una via e un’economia alternativa per soddisfare quelle che sono state individuate come le sei esigenze prioritarie (nutrirsi, vestirsi, avere un tetto, curarsi, istruirsi e difendersi legalmente), nell’ambito di uno Stato Sociale che è cosa ben diversa da uno Stato Assistenziale. Mi riprometto, quindi, di leggere con molta attenzione le prossime pubblicazioni sull’argomento annunciate dalla REA per poi esprimere alcuni personali suggerimenti. Nel frattempo mi limito a esporre una breve riflessione.

 

Riformare il sistema? Non sarà facile fare opera di persuasione su persone oggi avvezze ad un tenore di vita più che soddisfacente.  Il benessere di cui finora ha goduto il mondo occidentale (Paese più Paese meno) è sostanzialmente derivato, in buona parte, dal malessere dei Paesi del terzo e quarto mondo. Si veda a tal fine quanto furiosamente questi ultimi oggi aspirino a conquistarselo –questo benessere- e a quali costi. “La ricchezza delle Nazioni” oggi si deve coniugare come ricchezza del mondo intero (grazie alla globalizzazione) e chiunque volesse cominciare a ripartirla equamente, dovrebbe accettare di cambiare radicalmente anche le proprie (cattive?) abitudini.

 

Tutto ciò non sarà proprio facile perché, come dicono i filosofi, le abitudini, anche le peggiori, generano la fede. Intanto, però, assistiamo ad eventi di tragicità inaudite che si propongono come affermazione, per non dire trionfo, dell’ egoismo umano (se ancora di uomini si deve parlare). Nella Repubblica sudafricana è scoppiata la caccia allo straniero, con morti bruciati vivi, perché stranieri indotti dalla miseria a cercare lì i più miseri mezzi per sopravvivere. Perciò sono stati considerati rei di “rubare il lavoro e il pane agli autoctoni” (?).

 

Questo certo non può accadere nella civilissima Finlandia. Tuttavia le recenti elezioni hanno visto affermarsi anche in questo Paese schieramenti politici tutt’altro che motivati da programmi solidaristici, di fronte a prospettive di robusti tagli alla spesa pubblica e di ridimensionamento degli standard del loro stato sociale. Perciò la Grecia può andare tranquillamente “in default”   (dire “a fondo” sarebbe politicamente scorretto). Un nuovo Stato sociale doveva essere prospettato e proposto in termini sovranazionali (europei) ma finora in Europa hanno prevalso l’idea , la filosofia, la cultura e l’etica protestante (absit iniuria verbis), tutte per carità degnissime di rispetto, ma assolutamente incapaci di concepire interventi solidaristici diversi dalle comuni forme di elemosina. Comunque, indipendentemente dalle sue profonde lacune e manchevolezze, appare sempre più conveniente credere nell’Unione Europea come unica possibile soluzione a questo tremendo intreccio di problemi interni ed internazionali.

 

 Pietro Spagnuolo