Ernesto Samper Segretario Generale dell’UNASUR

Sicuramente nel Continente sudamericano (oltre 350 milioni di abitanti) uno dei progetti d’integrazione più ambiziosi è rappresentato dall’Unasur (l’Unione delle Nazioni Sudamericane). Questa Comunità politica ed economica è nata il 23 maggio del 2008 con il trattato di Brasilia (la sede centrale si trova a Quito, capitale dell’Ecuador). Costituita da 12 Paesi l’Unasur si propone di: eliminare tutti i dazi doganali per i prodotti comuni; stabilire un Parlamento comune, una moneta comune e un passaporto unico; coordinare le politiche in campo agricolo, diplomatico, energetico, scientifico, culturale, sociale e in altri ambiti.

In un  albergo romano Punto Continenti ha avuto la possibilità di intervistare Ernesto Samper, ex Presidente della Colombia (1994-98) e attuale Segretario Generale dell’Unasur (dal primo agosto del 2014), nel corso del suo viaggio in Europa. Con studi alla Columbia University, Samper, già Ambasciatore presso l’Assemblea delle Nazioni Unite,  oltre ad essere avvocato vanta anche una grande esperienza come economista.

 

Quali sono in questo momento i principali temi in discussione all’Unasur?

 

Siamo molto impegnati a seguire alcune situazioni politiche abbastanza complesse. La prima riguarda il consolidamento della pace in Colombia che ha visto per molti anni i governi di Bogotà a doversi confrontare con i guerriglieri e i narco trafficanti. E’ fondamentale per lo sviluppo economico del Paese che gli accordi di cessazione dei combattimenti vengano rispettati da tutte le parti. Il secondo caso riguarda l’incandescente situazione vissuta in questo momento dal Venezuela. Dobbiamo stare molto attenti affinché i conflitti interni non finiscano per minare la stabilità politica ed economica del Paese, con gravi pericoli per la stessa democrazia.

 

Stiamo, poi, seguendo con molta attenzione quello che sta avvenendo in Brasile a seguito dell’impeachment votato dal Parlamento contro la Presidentessa Dilma Rousseff. Noi non entriamo negli affari interni del Brasile. La nostra unica preoccupazione è che i procedimenti nei riguardi della Presidentessa siano equilibrati, corretti e che le accuse siano giuridicamente comprovate. Inoltre, che alla presidentessa venga offerta ogni possibilità di difendersi adeguatamente.

 

Una cosa che rimane un po’ difficile da capire è il proliferare in America Latina dei vari accordi interregionali. Sono ormai oltre venti. Insieme all’Unasur troviamo, infatti, il Mercosul, la Comunità Andina, la Celac, l’Alca e tante altre aggregazioni. Non sarebbe forse il caso di riunirle tutte anche per ottenere un maggiore impatto sul piano internazionale?

 

E’ vero, in America Latina ci sono tantissimi accordi interregionali. Forse troppi. Sicuramente da parte dell’Unasur, che è decisamente uno dei progetti d’integrazione più ambiziosi, è stato avviato uno sforzo importante di convergenza negli intenti e negli obiettivi con le altre organizzazioni. Non so se riusciremo un giorno ad arrivare a un’organizzazione unica ma sicuramente in futuro ci sarà una sempre maggiore e incisiva armonizzazione delle politiche e delle economie tra i vari Paesi. E già questo rappresenta un importante passo in avanti.

 

Ma qui parliamo di governi e di Stati. In quale considerazione l’Unasur tiene invece i problemi sociali?

 

Parte dei problemi che stiamo esaminando riguarda proprio la necessità di allontanare la sfortunata situazione caratterizzata da un crescente numero di poveri che, a un certo punto, erano riusciti a non essere più poveri ma che ora stanno tornando a esserlo. Secondo le ultime statistiche della CEPAL (la Commissione economica per l’America Latina con sede a Santiago del Cile, n.d.r.) nell’ultimo anno ben 7 milioni di sudamericani usciti dalla povertà sono tornati a vivere in grande miseria. Cinque milioni, poi, si trovano addirittura in uno stato di povertà estrema. Questo ci dice che lo sviluppo sociale sta facendo passi indietro e ciò é terribile anche sul piano del consolidamento democratico che, negli ultimi anni, é avanzato proprio a seguito di una maggiore partecipazione degli investimenti sociali all’interno del Pil: una  realtà positiva che ha consentito a circa 180 milioni di poveri di diventare classe media bassa.

 

Come pensa di caratterizzare il suo mandato?

 

Ho un sogno, che spero di riuscire a trasformare in realtà. Mi riferisco al progetto di creare una cittadinanza sudamericana. In questo modo persone, beni e capitali potranno circolare liberamente all’interno del Continente. Inoltre, rafforzerebbe nella popolazione una coscienza sudamericana che potrebbe innescare un circolo virtuoso in grado di determinare effetti positivi sul piano delle garanzie democratiche, delle politiche estere congiunte,  della lotta comune alla povertà, delle condizioni di vita di tutti i sudamericani. E’ un progetto difficile, ambizioso, estremamente impegnativo ma a lungo termine destinato a produrre risultati molto positivi.

 

Vorrei, comunque, aggiungere una cosa cosa per quanto riguarda i rapporti con l’Unione Europea. Anche noi, come l’Europa, abbiamo diversi problemi sociali che stiamo cercando risolvere  con specifiche politiche in materia d’inclusione sociale, di competitività e di partecipazione dei cittadini. Quindi riteniamo che ci dovrebbe essere un’agenda molto più ricca di relazioni tra l’Europa e l’America Latina. Purtroppo, ci sembra che l’America Latina non si trovi in cima alle priorità dell’Unione Europea, nonostante che negli ultimi dieci anni siano arrivati consistenti flussi di investimenti europei nel nostro Continente e che stia aumentando la presenza di emigranti europei qualificati a causa della crisi europea. Una situazione che, purtroppo, non trova riscontro nel dialogo politico. Il superamento di questa incongruenza rappresenta, del resto, una delle ragioni della mia visita in Europa.